BARZIO 1/12/2022

2002 - 2022 a 20 ANNI DALL’EMERGENZA

Convegno: DISSESTO IDROGEOLOGICO E PROTEZIONE CIVILE

 

 

”Evoluzione del modello di intervento a 20 anni dall’alluvione del 2002: dalla pianificazione alla previsione, prevenzione, gestione e superamento dell’emergenza”.

Tra i relatori il nostro segretario Marco Pellegrini che intervenne nel 2002 per un mese
nelle emergenze di Castello Brianza e Cortenova

Tanta commozione ma anche tanta consapevolezza che la frana Bindo del 1° dicembre 2002 come quelle di Castello Brianza furono un salto di qualità per la macchina della protezione civile lecchese, è quanto emerso dalle testimonianze del convegno organizzato dalla Protezione Civile a vent’anni di distanza da quegli eventi.



MARCO PELLEGRINI – Segretario della nostra associazione 
 

Anche se, negli anni precedenti, avevamo già partecipato, come associazione, in altre Regioni ad emergenze molto complesse sicuramente quelle di Castello Brianza e Cortenuova, sono state esperienze uniche per la nostra provincia. Lo spartiacque tra le criticità di carattere locale, che si esauriscono in poche ore, e quelle appena citate che hanno visto coinvolte centinaia di persone, con l’intervento di un ingente numero di soccorritori, impegnati per diverse settimane.. Tutto iniziò con le forti piogge che interessarono per giorni il nostro territorio e da Lecco arrivò la chiamata per l’allagamento del magazzino dell’Ospedale. Raggiunti i colleghi del capoluogo provinciale con loro abbiamo riempito i sacchi di sabbia per arginare il corso d’acqua che passa a confine della struttura sanitaria. Terminato l’intervento, mentre facevamo rientro a Casatenovo, siamo stati bloccati da uno smottamento che ha invaso e conseguentemente bloccato la strada provinciale all’entrata di Oggiono. In quel frangente ci veniva richiesto dalla Prefettura di dirigerci verso il comune di Castello Brianza, interessato da alcune frane, e lì abbiamo operato, al fianco del Sindaco Formenti, nell’assistenza dei cinquecento sfollati. Tra le attività che abbiamo svolto da evidenziare il servizio mensa coordinato, presso l’oratorio, dal nostro volontario Ermanno Galbusera e il ricovero degli sfollati presso il palazzetto dello sport, sempre di proprietà della parrocchia. Non sono mancanti inoltre i quotidiani contatti con la cittadinanza per raccogliere le indicazioni sulle necessità che venivano a nascere. Il forte rapporto con i cittadini ha portato anche a coinvolgere alcuni studenti a collaborare a stretto contatto con noi presso il C.O.C..

Dopo una settimana, il Dott. Stefano Simeone, capo di Gabinetto del Prefetto ci chiese di intervenire a Cortenova per affiancare il sindaco, Luigi Melesi, in una situazione ancora più complessa. L’interesse dei mass media e l’intervento diretto di Guido Bertolaso allora Capo del Dipartimento, con la visita del Capo dello Stato, di Ministri e parlamentari rese ancora più di rilievo un’emergenza che aveva caratteristiche inusuali. Infatti oltre alle frane che avevano interessato i due lati della montagna e che travolsero diverse abitazioni si temeva che cedesse anche il fronte che guardava verso il paese. In quell’intervento che durò tre settimane fummo presenti, in rappresentanza del nostro Gruppo, io e l’allora presidente Franco Astori. Tra i vari compiti che svolgemmo dedicammo grande attenzione a come rendere il più efficaci possibili le comunicazioni sui servizi erogati alla cittadinanza. Non mancammo anche in quell’occasione di mettere in moto la macchina della solidarietà e grazie alla ditta Sacchi di Barzanò fornimmo alle famiglie sfollate kit di elettrodomestici e di utensili per la casa.

Importante anche la nostra partecipazione alle riunioni che dovevano dare risposte tecnico/scientifiche all’emergenza dalla valutazione dell’installazione dei radar per il monitoraggio della montagna, alla collocazione degli impianti di allarme sonori e visivi all’esterno e all’interno degli impianti produttivi. In sintesi un vero e proprio cambiamento anche di mentalità da parte delle istituzioni e di noi soccorritori nell’agire e nel rapportarci con le popolazioni colpite dalle emergenze.



LUIGI MELESI – Sindaco Cortenova 2002 
 

Avevo 38 anni ed ero a fine mandato, già avevo deciso di non ricandidarmi. Quell’autunno fu molto piovoso, le piogge iniziarono ad agosto e sembravano non finire più. Il lunedì della settimana precedente la frana l’alveo del Pioverna era già a rischio esondazione e alla prefettura anticipai le ordinanze per sgomberare la via parallela al fiume, in accordo con con le famiglie.
Martedì ci furono grossi problemi sul Rossiga, si stavano intasando anche i torrenti a Bindo, tobinature e scantinati. Intervennero i Vigili del fuoco e con loro alcuni volontari ma non era ancora la nostra Protezione civile: un gruppo di ragazzi aveva appena terminato al formazione e andava costituendosi. Mercoledì ci fu il primo tronco di frana nel Rossiga. L’attenzione in quel momento era rivolta lì: spostammo le ruspe che operavano a Bindo e pulimmo i detriti, ma in breve divenne pericoloso lavorare nell’alveo perciò operai e mezzi tornarono a Bindo. Sfollammo i residenti in località Gàllera.
Mercoledì sera una frana invade l’intero alveo del Rossiga, venne colpita una stalla, per gli animali non ci fu nulla da fare ma a spaventare fu anche il contadino perché era l’ora della mungitura e non riuscivamo a trovarlo. Dopo qualche ora lo rintracciammo, non si trovava in stalla, ci abbracciammo e ci mettemmo a piangere.
Giovedì la situazione sul Rossiga restava grave ma ci dicevamo che quello che poteva succedere ormai era successo.  A Bindo invece continuava a peggiorare: la montagna, all’interno, sembrava piena d’acqua, dal terreno schizzavano sorgenti e si formavano ruscelli.
Venerdì facemmo un primo sopralluogo, continuava a piovere ma si decise lo stesso di farne un altro alle 16. Con i due agenti della Forestale ci addentrammo in quello che poi sarebbe stato il corpo di frana. Il bosco guardava verso la valle, c’erano crepe anche di un metro larghezza. Fu in quel momento che decidemmo di sfollare. Feci due telefonate: la prima in Comune per avvisare dell’intenzione di sfollare l’area fino a via Cimone, a 500 metri dalla frana. L’impiegato si mise a piangere, gli dissi che non c’era tempo e di preparare subito l’ordinanza. La seconda telefonata al mio vice, Lino Benedetti: “Ti te se mat” mi rispose, ma se avesse visto quello che vedemmo noi non avrebbe avuto dubbi. Ci riunimmo subito in Comune, all’unità di crisi, dove il dirigente dei pompieri dottor Barbieri, dotato di una calma invidiabile, mi spiegò come gestire la situazione. Chiamai la Croce Rossa e si iniziò ad evacuare i cittadini più fragili, chiamai Simeone in Prefettura che già aveva pronta una lista di alberghi e strutture per ricoverare la popolazione. La Questura ci mandò degli agenti che riuscirono a convincere i residenti ad abbandonare le case.

Sabato mattina la giornata era splendida, sembrava che tutto fosse finito. Noi ovviamente non potevamo abbandonare il Comune, proseguivano le riunioni. Alle 20.30 venne giù la prima parte della frana, travolse quattro o cinque abitazioni e arrivò sino quasi alla strada provinciale. Ora era chiaro che sarebbe sceso tutto il resto, non restava che attendere. Andai a casa a riposare ma alle 3 mi svegliarono: “Non c’è più Bindo!“.
Dalla finestra avrei dovuto vedere tutto invece c’era solo nebbia. Andai verso Bindo e a un certo punto mi trovai di fronte a un muro di terra, una ventina di metri di frana copriva la provinciale. Il pensiero fu subito alle persone, perché è vero, avevamo sfollato, ma la gente era in giro e dovevamo accertarci che nessuno fosse rimasto sotto. Si decise di sfollare anche Cortenova, 400 persone fuori casa. La centrale operativa venne spostata dal Municipio alle scuole elementari. Alle 8 mi raggiunse il geologo Invernizzi, la nebbia rendeva inutili i cannocchiali quindi cercammo un elicottero, il più piccolo e leggero possibile. Lo mise la Guardia di Finanza, a bordo il pilota, io, Invernizzi e Barbieri. Stavamo stretti, si fecero foto ma nessuno in quel volo di mezz’ora disse una parola. Nel frattempo alle scuole ci era già stato portato internet, non so come fecero, e ci consegnarono telefoni d’emergenza. Il piazzale era stracolmo di curiosi. Ora era il momento di rimboccarsi le maniche per censire gli sfollati, preparare pasti caldi… Lasciai carta bianca agli Alpini di Cortenova e alla loro struttura, in un attimo c’era il tendone e un ristoro. Nel frattempo pensammo a interventi, si ragionava sul da farsi, i geologi battezzarono la frana segnalando tutte le crepe. Così finì la parte istituzionale della vicenda, poi fu il momento della gestione dell’emergenza perché c’erano cittadini senza più nulla, né vestiti né casa.
Concludo dispiacendomi di non vedere molti amministratori in sala, vorrei far capire che è fondamentale per un sindaco avere un gruppo di protezione civile affiatato come lo abbiamo oggi. Inoltre è vero che decisi io di sfollare, ma l’ho fatto perché ho avuto la fortuna di avere i consigli di persone competenti e decise.



ANTONELLO FORMENTI – Sindaco di Castello di Brianza 2002 
 

I nostri occhi sono come una cinepresa, potrei ripercorrere minuto per minuto quei giorni. Sono stati momenti difficili ma non essendoci stati morti possiamo evidenziare gli aspetti positivi. A Castello Brianza il segnale furono i tombini del paese che saltavano da terra, ma devo premettere che noi conosciamo la nostra montagna, sappiamo che l’argilla nel sottosuolo si gonfia e spinge le frane in superficie, che infatti sono soventi, e per questo mai si è acconsentito ad abusi né a opere che ne pregiudicassero la stabilità.
All’inizio sembrò tutto tranquillo, andammo a valutare una prima frana a Prestabbio con qualche cantina allagata, a 200 metri da lì però sentimmo la terra muoversi sotto ai piedi. Se mi avessero cronometrato avrei fatto il record dei cento metri. Seguirono altre 2 o 3 piccole frane. Alle 20.30 mente chiudevo il comune partì la frana più importante in zona Cologna. Rientrammo e da lì si poteva osservare quanto successo. Il giorno successivo entrarono in azione le ruspe e la Protezione civile. Io in quelle ore ero sommerso da richieste e correvo dappertutto, lì mi venne data una prima lezione: il responsabile della Protezione civile, Marco Pellegrini, mi bloccò e disse “Sindaco stia fermo qui, lei deve dare disposizioni, non rincorrere i cittadini“. Ci furono più di 500 sfollati, assistiti dagli Alpini, mentre i carabinieri in congedo pattugliarono le case abbandonate per evitare casi di sciacallaggio. Terminati i grossi interventi non restava che pulire la via principale. Era domenica quindi chiesi al parrocco di fare una appello ai volontari. Arrivarono tutti ragazzi del paese.



STEFANO SIMEONE – Capo di Gabinetto Prefettura di Lecco 2002 
 

Il sindaco Melesi chiamò alle 4.15 del sabato mattina. La sala operativa era attiva da un mese e mezzo, dagli inizi ottobre, e io ero andato a letto da poco. A quel punto si sapeva che la frana a breve sarebbe caduta ma ero in uno stato di serena consapevolezza perché nei giorni precedenti avevo visto cos’era la Protezione civile e di cosa era capace.
Devo dare merio ai due componenti della forestale Colli e Spinelli che sotto la pioggia andarono sulla frana; alla componente tecnica con Barberi che disse di evacuare; infine alla decisione politica del sindaco che non ha guardato in faccia a nessuno. Se fosse mancato uno di quei ingredienti la frana avrebbe causato 370 morti. È un insegnamento per i più giovani: si lavora insieme, ognuno col suo ruolo da svolgere bene, e facendo il proprio dovere perché se viene a mancare un tassello la conseguenza sono i lutti.
Per noi la frana di Bindo fu l’apice di un periodo terribile. E fu spartiacque. Dal 1997 al 2000 la sala operativa era sempre aperta. Da quel momento per trovare un’altra emergenza simile dobbiamo arrivare a Casargo 2019, in una fase in cui però incide anche il cambiamento climatico. Ciò fu possibile perché la Regione lavorò molto sulla prevenzioni, la novità fu il coinvolgimento delle università, l’inserimento di tecnologie per il monitoraggio sempre più avanzate. Nel lecchese oggi non c’è solo attenzione alla Protezione civile ma c’è proprio una cultura di Protezione civile, vuol dire far interagire e dialogare tutte le componenti. Bindo fu punto di partenza che portò una tranquillità che mi auguro possa durare ancora a lungo.



ALBERTO NOGARA – Dirigente Comunità Montana VVVR 2002 
 

La situazione di Bindo era sott’occhio da anni. Un fenomeno che andava aumentando, si siede quindi corso alla realizzazione di paramassi realizzati nel 1998, 1999 e 2000. Il problema si pensava risolto ma massi di notevoli dimensioni continuavano a scendere. Quell’autunno piovve per tre mesi senza pausa, le temperature alte non permettevano il formarsi di neve e tutta l’acqua scorreva a valle. La settimana prima della frana sorgenti di acqua e ruscelli con portate d’acqua incredibili scendeva sino alla provinciale. Il 30 novembre verso le 12 notammo l’intorbidimento delle sorgenti, era il segnale che la montagna si muoveva. La notte vedemmo un camion che si spostava, era senza autista ed era spinto dalla frana. Alle 3 venne giù tutto, con le prime luci ci trovammo in un paesaggio lunare, fumante, incredibile. La Valsassina era divisa in due, tagliata a metà. Da qui in poi fu tutto in correre e si temette anche l’esondazione del Pioverna, nel caso in cui un altro pezzo di montagna si fosse staccato. Contammo 479 sfollati, 117 nuclei famigliari a Bindo e 75 a Cortenova. Erano ferme 20 unità produttive a Bindo e 23 a Cortenova. Nella divisione dei ruoli alla Comunità Montana fu assegnato di monitorare le frane, la viabilità venne deviata sulla passerella agricola di Bindo, ora di importanza vitale.

Il problema per noi fu trovare un modo di attraversare il Pioverna perché la passerella era larga solo tre metri. Per un anno sopportò tutto il traffico pesante della Valsassina ma non poteva durare. L’8 maggio 2003 venne a Cortenova il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che per risolvere il collegamento viario propose un ponte Baylei militare provvisorio, ma non se ne fece niente. Ad agosto mi venne affidato l’incarico di predisporre un progetto preliminare di ponte che consegnai in 15 giorni, riguardava un nuovo ponte parallelo all’esistente, con doppia corsia. Nel frattempo il capo della Protezione Civile Nazionale Guido Bertolaso tornò sull’ipotesi di ponte Bailey provvisorio prevedendo un costo di 800mila euro. La Comunità Montana fece notare che il nostro progetto di ponte definitivo avrebbe avuto gli stessi costi, e mi presi l’impegno di far rispettare i tempi. Ricevemmo il via libera: i lavori iniziarono il 23 febbraio 2004, il 13 agosto terminarono e il 25 settembre venne collaudato. Il 25 ottobre venne inaugurato.



FABRIZIO CASATI – Primo coordinatore gruppo comunale Protezione civile Cortenova 

In quel periodo un primo gruppo aveva appena terminato il corso protezione civile ma ancora non eravamo costituiti e non avevamo titolo. Fu una intuizione di Luigi Melesi, avevo 22 anni e il sindaco convinse me e un gruppo di giovani a fare il corso.
I primi servizi li svolgemmo ai “cancelli” di Bindo, si dava la possibilità agli sfollati di rientrare nella zona rossa. Poi fummo di supporto nella posa della attrezzature per il monitoraggio.
Nel 2003 ci fu un secondo corso e così pian piano siamo cresciuti. Sono orgoglioso di vedere un gruppo che funziona, Cortenova ha dato l’esempio a tutta la provincia.



DOMIZIA MORNICO – Presidente Comitato coordinamento organizzazioni volontariato Protezione civile Provincia di Lecco 2022 

Dall’esperienza vissuta da cittadina è nata la volontà di diventare volontaria. La frana non è stata dimenticata ma si è sedimentata. In questi venti anni si è puntato sulla formazione, i volontari entrano in un sistema con diversi ambiti e competenze. All’interno dei gruppi ci sono professionalità messe in a disposizione del volontariato, a partire da nuovi sistemi informatici e di comunicazione, oltre alla tecnologica. I gruppi comunali hanno imparato a sensibilizzare i propri sindaci, si è volontari di Protezione civile quando si ha a cuore il proprio territorio. Il Comitato di coordinamento delle organizzazioni di volontariato rappresenta un tutti i gruppi comunali e dobbiamo imparate a collaborare con la provincia. Il sistema oggi è pronto ma la forza è farlo funzionare in modo organizzato, è così che a Primaluna in un giorno abbiamo portato 200 volontari, altri 100 a Casargo in poche ore. Anche durante l’emergenza Covid i gruppi hanno lavorato insieme, sempre presenti e disponibili ma sempre collaborando insieme.

A sx Dott. Stefano Simeone nel 2002 Capo di Gabinetto del Prefetto, a dx Luigi Melesi nel 2002 Sindaco di Cortenova